We all live in a "Digital City":
network, realtà virtuale, Net Art e cultura digitale,
new media contro old media, "tactical media"
e informazione "alternativ" versus informazione
"mainstream": ne ha discusso all'Istituto
Universitario "L'Orientale", Geert Lovink
(nella foto), esponente di spicco della scena olandese,
artista visivo, media theorist e critico della rete,
attivista di "Nettime", network informale
d'incontro, dibattito e discussione sulla rete, ospite
d'onore di "Understanding New Media/ the Dutch
Scene: Net Criticism", primo ciclo di talk proposti
da Mao col sostegno dell'Ambasciata dei Paesi Bassi
a Roma e il contributo dell'Iuo.
Giugno 2006: Danilo Capasso e Francesco Quarto (ex produttori
di "Sintesi", curatori, exhibition designer
l'uno, art director l'altro), insieme a Vito Campanelli
(teorico dei nuovi media, curatore e netartista) e Diana
Marrone (giornalista e fundraiser) si costituiscono
in associazione culturale no-profit, Mao, filiazione
diretta di "Sintesi", Electronical Arts Festival,
attivo dal 2002 al 2005 tra Napoli e Milano.
Ma che cos'è Mao?
Risponde Vito Campanelli, moderatore del talk. «Dopo
l'esperienza di "Sintesi", abbiamo pensato
a un progetto più articolato e complesso, che
non si limitasse all'organizzazione di un unico evento,
ma che sostenesse una presenza più costante nell'ambito
della cultura e dell'informazione digitale, oltre a
una funzione più attiva e diretta sul territorio.
L'obiettivo?
«Portare la mentalità della rete "fuori
dalla rete". Fare "rete" a Napoli è
la nostra grande sfida: rendere la città protagonista
della scena digitale, una sorta di antenna all'interno
del network, ricettiva agli stimoli provenienti da tutto
il bacino del Mediterraneo proprio per la sua posizione
strategica, centrale».
Un progetto ambizioso, ma anche fortemente innovativo
e stimolante. Avete incontrato delle difficoltà?
«Il discorso sull'approccio critico ai mezzi di
comunicazione di massa comporta una certa chiusura soprattutto
da parte delle Istituzioni, degli Enti che operano sul
territorio, degli Assessorati, ancora condizionati da
un'idea classica della cultura. Ne risultiamo penalizzati
dal punto di vista della richiesta di finanziamenti
necessari per l'organizzazione di eventi, per i quali
cerchiamo di coinvolgere piuttosto gli Istituti di Cultura
e l'imprenditoria privata».
E per quanto riguarda la ricezione?
«Massiccia, e trasversale. A Napoli non mancano
la curiosità e la capacità di rielaborare
gli input che vengono dall'esterno. La città
è terreno fertile per arrivare a produrre contenuti
a livello collettivo».
In che modo?
«Dando spazio al contributo materiale e intellettuale
di chiunque voglia iscriversi o partecipare agli eventi.
Ma anche con un'azione di tipo editoriale, realizzando
una serie di pubblicazioni cartacee e multimediali,
in modo da lasciare un'impronta più duratura
della nostra attività e della nostra presenza.
La domanda iniziale da cui prende le mosse tutto questo
fermento ideologico e culturale la suggerisce lo stesso
Lovink: in un momento storico in cui corre inesorabile
verso un vuoto concettuale, che cosa è, o cosa
è diventata, Internet, "luogo della ragione
o pentola a pressione della paranoia"? Davanti
al nuovo che avanza nella nostra cara, vecchia "società
dello spettacolo" (per dirla con Debord) c'è
una decisione da prendere: "o si scompare, o si
cambia canale"».
(Dal quotidiano Roma del 10/10/2006
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